Prima in Europa e poi in Italia, nel periodo che corre dalla ricostruzione delle città nel dopoguerra sino agli anni ’80, ha preso avvio il processo di dismissione di molte aree/siti industriali, con un conseguente riuso degli spazi inutilizzati in termini immobiliari ed edilizi e di tipo commerciale, in quanto questi stabilimenti industriali sono caratterizzati da ampi spazi, solidità e impianti di illuminazione che ne consentono il riuso per molteplici e svariate attività a servizio della collettività
In Italia non era presente inizialmente un’attenzione specifica e mancavano studi approfonditi nei confronti del fenomeno della dismissione industriale e della conseguente riqualificazione urbana delle aree interessate, bisognerà attendere la metà degli anni Novanta, momento in cui cresce e si sviluppa una coscienza maggiore sul tema ed iniziano le prime analisi e i primi confronti nel territorio nazionale ed internazionale.
Va ricordato che lo stesso Codice dei Beni culturali e del Paesaggio, nelle disposizioni correttive e integrative fatte nel 2008, considera beni culturali “le cose immobili e mobili […] della scienza, della tecnica, dell’industria”. E’ la prima volta che si parla in Italia di tutela dei beni del patrimonio di archeologia industriale. Pertanto come è già ben noto, il nome “bene culturale” abbraccia oggi un vasto corpus di tipologie di manufatti che costituiscono un patrimonio. Si tratta quindi di considerare “patrimonio culturale” anche vecchi opifici e fabbriche, siti industriali dismessi, macchine utilizzate nei processi di produzione dove ancora si percepisce la storia del luogo, la memoria del lavoro, l’identità sociale ed economica. Tutto questo oggi è conosciuto e definito come patrimonio di archeologia industriale.
Il patrimonio industriale oggi è divenuto un campo di indagine interdisciplinare che lega istituzioni, professionisti e cittadini animati dalla sensibilità verso la cultura della patrimonializzazione, della conservazione, del riuso e della valorizzazione.
Per una descrizione dei siti di archeologia industriale nelle regioni italiane si rinvia alla Guida al turismo industriale di Jacopo Ibello, recentemente pubblicata (J. Ibello Guida al turismo industriale, Morellini Editore, Milano 2020).